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Prescrizione debiti Inps – cassazione 28565/2022

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 28565/2022, afferma che la prescrizione costituisce una fattispecie unitaria, in cui sospensione del termine e corretta individuazione del  giorno da cui decorrono i tempi devono essere considerati insieme  per qualsiasi pronuncia processuale , purché la sentenza sia stata impugnata relativamente alla sospensione  della prescrizione. Vediamo più in dettaglio il caso concreto.

La Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza n. 98 del 2020, aveva confermato  la decisione di primo grado che aveva dichiarato la ricorrente  non tenuta al

versamento dei contributi, relativi all’iscrizione nella Gestione separata INPS, per l’anno 2009, per intervenuta prescrizione del credito. La Corte territoriale aveva infatti :

  •  individuato come  giorno di decorrenza (“Dies a quo”) della prescrizione quinquennale la scadenza del termine  per il pagamento dei contributi, coincidente con quello in cui doveva essere  versato il saldo risultante dalla dichiarazione dei redditi; inoltre,
  • ha  ritenuto tardiva, e quindi priva di valenza interruttiva, la richiesta di pagamento pervenuta  dall’INPS 1’1.7.2015  einfine
  •  ha escluso che l’omessa esposizione, nella dichiarazione dei redditi   degli obblighi contributivi connessi al lavoro autonomo (cd. quadro RR) equivalesse, ipso facto, alla volontà del debitore di occultare il  proprio debito.

Secondo la Corte l’incertezza normativa, all’epoca, in ordine ai presupposti  dell’iscrizione, era palese, tanto da necessitare di una legge di interpretazione  autentica,  che non ha comunque portato ad eliminare il contenzioso  in materia.

Di contro l’INPS ha proposto ricorso per cassazione affermando  invece la sospensione della prescrizione  e ha ribadito che l’omessa presentazione della dichiarazione ha determinato l’elusione del controllo automatico da parte degli uffici finanziari . Sul punto vengono richiamate varie pronunce di legittimita che hanno affermato che tale condotta produce il diritto dell’Istituto  a non considerare  prescritto  il debito per l’operare della sospensione di cui all’art. 2941 c.c., n. 8.

Per la Cassazione il ricorso è fondato e dopo una approfondita analisi  viene enunciato il seguente principio di diritto: «Una volta che  la sentenza d’appello sia stata impugnata per violazione della disciplina sulla  sospensione della prescrizione (nella specie, con riguardo all’occultamento  doloso del debito contributivo, ai sensi dell’art. 2941, primo comma, n. 8, cod.  civ.), l’intera fattispecie della prescrizione, anche con riguardo alla decorrenza del dies a quo, rimane sub iudice e rientra, pertanto, nei poteri del giudice di  legittimità valutare d’ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la  corretta individuazione del termine iniziale della prescrizione, in quanto aspetto  logicamente preliminare rispetto alla sospensione dedotta con il ricorso. La  mancata proposizione di specifiche censure non determina la formazione del  giudicato interno sul dies a quo della prescrizione dei contributi, differita dal d.P.C.m. 10 giugno 2010, in applicazione dell’art. 12, comma 5, del d.lgs. 9  luglio 1997, n. 241. Il giudicato, destinato a formarsi su un’unità minima di  decisione che ricollega a un fatto, qualificato da una norma, un determinato    effetto, investe la statuizione che dichiara prescritto un diritto e non le mere  affermazioni, inidonee a costituire una decisione autonoma, sui singoli elementi  della fattispecie estintiva, come la decorrenza del dies a quo».

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