Lavoro intermittente non determina la cancellazione dalle liste di mobilità
La stipula di un contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato non comporta la cancellazione dalle liste di mobilità, purché il lavoratore non abbia diritto all’indennità di disponibilità. È quanto afferma la Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del lavoro con la nota Prot. n. 37/0010721 del 3 luglio scorso, in risposta all’Interpello n. 15/2015 avanzato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro.
Il contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato è strutturalmente concepito allo scopo di far fronte ad attività di natura discontinua, e dunque presenta caratteri di atipicità che non lo rendono riconducibile alla tipologia del contratto a tempo pieno ed indeterminato. Secondo l’opinione del Ministero, ciò comporta che la stipula di un contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato non implica, ai sensi dell’art. 9, comma 6 lett. a), L. n. 223/1991, l a cancellazione dalla lista mobilità. Un punto a favore della discontinuità della prestazione dell’intermittente è dato dalla previsione dell’art. 34, comma 2 bis, D.Lgs. n. 276/2003, secondo il quale la durata della prestazione nel lavoro intermittente – ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo – è soggetta alla limitazione di legge delle quattrocento giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari e solo “in caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato”.
I Consulenti del lavoro avevano posto la questione in termini di fattibilità per il lavoratore iscritto nella lista di mobilità di mantenere l’iscrizione nell’ipotesi in cui questi venga assunto con contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, senza previsione dell’indennità di disponibilità.
L’art. 8, commi 6 e 7, della Legge n. 223/1991, sancisce che il lavoratore in mobilità ha la facoltà di svolgere attività di lavoro subordinato a tempo parziale, ovvero a tempo determinato, mantenendo l’iscrizione nella lista, con sospensione dell’indennità per le giornate di lavoro svolto. In caso di assunzione a tempo pieno e indeterminato, la sospensione dell’indennità è mantenuta limitatamente alle giornate afferenti il periodo di prova (art. 9, comma 6, Legge n. 223/1991). In altri termini, l’indennità in questione viene sospesa sia nell’ipotesi in cui il lavoratore, iscritto nella lista di mobilità, venga assunto con contratto di lavoro part-time o con contratto a tempo determinato, sia nel caso di assunzione con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato laddove non superi il relativo periodo di prova. Da notare, in merito, che non si tratta di decadenza dal beneficio ma di mera sospensione dell’erogazione del trattamento di mobilità, in quanto il lavoratore, seppur reimpiegato, conserva il diritto a mantenere l’iscrizione nella citata lista.
Al riguardo, l’INPS aveva già affrontato la questione nel messaggio n. 7401/2011 (con il medesimo approccio interpretativo), distinguendo il caso in cui il lavoratore intermittente si obbliga a rispondere alla chiamata dal caso opposto. Nello specifico, l’Istituto della previdenza sociale precisava che il vincolo contrattuale per il lavoratore sembra sorgere solo al momento della risposta (facoltativa) alla chiamata del datore di lavoro e dunque, sia in caso di assunzione a tempo determinato che indeterminato, l’indennità di mobilità può essere riconosciuta limitatamente ai periodi di non lavoro tra una chiamata e l’altra, restando la prestazione sospesa durante i periodi di risposta alla chiamata da parte del lavoratore.
Alla luce di tali osservazioni, il Ministero conclude che nell’ipotesi di assunzione di lavoratore iscritto nella lista di mobilità con contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, senza obbligo di risposta alla chiamata, detto lavoratore mantenga comunque l’iscrizione nella lista.