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Incentivi alle assunzioni di donne svantaggiate 2023 – in attesa dell’aut. della commissione Europea

“Nel quadro delle misure finalizzate a favorire l’occupazione, la legge n. 197/2022 all’art. 1, comma 298, ha previsto la proroga del beneficio previsto dalla normativa antecedente (da ultimo, legge n. 178/2020), per chi assume donne “svantaggiate” durante il 2023. L’incentivo previsto è pari al 100% quota contributiva a carico del datore di lavoro, fino ad un massimo di 8.000 euro su base annua, ferma restando l’aliquota contributiva per le prestazioni pensionistiche.

La norma, che riguarda assunzioni a tempo determinato, indeterminato e trasformazioni di rapporto, pur essendo in vigore dal 1° gennaio 2023, non è operativa in quanto occorre attendere l’autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)

Infatti, il beneficio è fruibile se l’assunzione riguarda:

  1. a) donne con almeno 50 anni di età, disoccupate da oltre 12 mesi, ossia che hanno dato la propria disponibilità al lavoro ai Servizi per l’impiego ex 19 del D.Lgs. n. 150/2015 da oltre un anno;
  2. b) donne di qualsiasi età, residenti in Regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambiti dei Fondi strutturali dell’Unione europea privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi (sono le c.d. “Regioni Obiettivo 1” ove rientrano Campania, Puglia, Basilicata,  Calabria, Sicilia, ma anche quelle “in transizione” come Sardegna, Abruzzo e Molise. Il requisito della residenza è un elemento essenziale che deve sussistere al momento dell’assunzione, ben potendo, poi, l’interessata cambiarlo e, magari, andare a prestare l’attività in altre Regioni;
  3. c) donne di qualsiasi età destinate a svolgere professioni o attività lavorative in settori economici  caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale  di genere e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi. Ogni anno i settori e le professioni sono definiti da un Decreto Ministro del Lavoro di concerto con quello dell’Economia: l’ultimo è il D.I. 16 novembre 2022, n. 327. (1) Ad esempio, tra i settori maggiormente caratterizzati da disparità di genere spiccano, l’agricoltura (48%), le costruzioni edili (82%),  l’informazione e la comunicazione per i servizi (37%), mentre per le professioni la disparità riguarda quelle apicali (direttori di aziende, amministratori, ecc., con una percentuale del 55,6%);
  4. d) donne di qualsiasi età, ovunque residenti, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi. In questo caso va verificato se nei 2 anni antecedenti l’assunzione la lavoratrice non abbia svolto un’attività di lavoro subordinato legata ad un contratto di almeno 6 mesi o un’attività di collaborazione coordinata e continuativa la cui remunerazione annua sia superiore a 8.145 euro o un’attività di lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo superiore a 4.800 euro (v. Inps, circolare n. 32/2021).

Donne prive di lavoro regolarmente retribuito La nozione di lavoro regolarmente retribuito è stata oggetto di definizione in due Decreti ministeriali nel 2013 e nel 2017 che hanno ripreso concetti presenti nella normativa comunitaria.

L’ultimo (D.M. 17 ottobre 2017) richiama principi già esaminati e fatti propri dalla circolare 25 luglio 2013, n. 34 del Ministero del Lavoro riferibili ai lavoratori svantaggiati: donne che negli ultimi 6 mesi o non hanno lavorato come subordinate o hanno prestato attività come subordinate o con prestazioni riconducibili ad attività lavorativa autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione.

Il concetto di «lavoro regolarmente retribuito» non va riferito al fatto che la lavoratrice abbia prestato la propria attività in “nero” o, quantomeno, in maniera parzialmente irregolare, come si potrebbe pensare a seguito di una lettura superficiale.

Esso va valutato sia sotto il profilo della durata per il contratto di lavoro subordinato che del compenso per gli autonomi o i parasubordinati. Il requisito deve sussistere al momento dell’assunzione: elemento importante, se si procede ad una assunzione a tempo  determinato e, successivamente, alla trasformazione a tempo indeterminato del rapporto.

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