La certificazione verde COVID-19 è richiesta in Italia per:
– partecipare alle feste per cerimonie civili e religiose, accedere a residenze sanitarie assistenziali o altre strutture;
– spostarsi in entrata e in uscita da territori classificati in “zona rossa” o “zona arancione”;
– usufruire di servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio per il consumo al tavolo, al chiuso;
– partecipare a spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi;
– per l’ingresso in musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre; piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso; sagre e fiere, convegni e congressi; centri termali, parchi tematici e di divertimento; centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, compresi i centri estivi, e le relative attività di ristorazione; attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò;
– per partecipare ai concorsi pubblici.
Dal 1° settembre 2021, inoltre:
– il personale scolastico e universitario e gli studenti universitari dovranno esibire la Certificazione verde Covid-19;
– sarà consentito esclusivamente ai soggetti muniti di green pass l’accesso e l’utilizzo dei seguenti mezzi di trasporto aereo, navi, treni e autobus.
Limiti all’obbligo di green pass per i lavoratori dipendenti
Confronti accesi e polemiche hanno riguardato, nelle ultime settimane, l’ambito di operatività ed obbligatorietà del green pass con riferimento ai lavoratori, per i quali ad oggi non solo non vige l’obbligo di presentare la certificazione verde, ma neppure la possibilità che il datore di lavoro lo richieda.
Il datore di lavoro, infatti, non può imporre la somministrazione del vaccino, né obbligare i propri dipendenti ad effettuare test sierologici o tamponi molecolari.
A prevederlo è lo stesso Statuto dei lavoratori (art. 5 L. n. 300/1970) che esplicitamente vieta accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente.
Tuttavia, come osservato dalla Fondazione Studi dei Consulenti del lavoronell’approfondimento del 6 agosto 2021, il datore di lavoro deve assicurare che i dipendenti “non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità” e nell’affidare i compiti ai lavoratori deve essere tenuto conto “delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e sicurezza”.
Il concetto di idoneità alla mansione è strettamente legato alle attività di sorveglianza sanitaria (art. 41 D.Lgs. n. 81/2008): pertanto, solo il medico competente può definire idoneo o meno un lavoratore, anche nel contesto emergenziale attuale.
Il medico competente, nell’ambito delle proprie attività di sorveglianza sanitaria, è invece l’unico soggetto legittimato a trattare i dati sanitari dei lavoratori e a verificare l’idoneità alla “mansione specifica”.
Il datore di lavoro, infatti, non può acquisire, neanche con il consenso del dipendente o tramite il medico competente, i nominativi del personale vaccinato o la copia delle certificazioni vaccinali e, quindi, del green pass.
Tuttavia, come sottolineato dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, il tema del trattamento dei dati relativi alla vaccinazione può essere inquadrato nell’ambito della verifica dell’idoneità alla mansione specifica, che consente, quindi, unicamente al medico competente di emettere giudizi di idoneità parziale e/o inidoneità temporanee per i lavoratori non vaccinati. Il datore di lavoro, informato del giudizio di idoneità alla mansione specifica e delle eventuali prescrizioni fissate dal medico competente come condizioni di lavoro, dovrebbe attuare le misure indicate dal medico.
Qualora venga espresso un giudizio di inidoneità alla mansione specifica, il datore di lavoro deve adibire il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza.
Costituisce eccezione il settore degli operatori sanitari, per i quali la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati (art. 4 del D.L. 1° aprile 2021, n. 44).
Il datore di lavoro, in ogni caso, non può liberamente sospendere un lavoratore perché non è munito di green pass, ma sarà eventualmente il medico del lavoro a definire idoneo o meno il lavoratore, senza specificare al datore le motivazioni dell’eventuale inidoneità parziale o assoluta.
Controllo sul green pass nei luoghi di lavoro
Il controllo sul green pass nei luoghi di lavoro può essere svolto potenzialmente da tutti i lavoratori in azienda, sia che si tratti di soci/titolari che di lavoratori dipendenti; tuttavia, soltanto i lavoratori che sono stati nominati in maniera formale dal datore di lavoro potranno procedere con i controlli.
I soggetti delegati sono incaricati con atto formale recante le necessarie istruzioni sull’esercizio dell’attività di verifica.
La nomina dovrà essere corredata delle informazioni gestionali per la corretta gestione dell’ingresso degli utenti, nel rispetto delle disposizioni vigenti.
La consegna di tale informativa potrebbe, inoltre, essere accompagnata da un’attività di formazione a carattere pratico.
Nonostante il controllo del green pass non costituisca trattamento del dato ai fini privacy, il datore di lavoro, in analogia alle disposizioni previste in materia di formazione degli incaricati al trattamento, dovrà:
– impartire istruzioni sul trattamento (art. 29 Regolamento Europeo 2016/679);
– dare istruzioni relative ai profili della sicurezza del trattamento (art. 32 Regolamento
Europeo 2016/679);
– fornire formazione idonea (art. 39 Regolamento Europeo 2016/679).