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Green pass obbligatorio in mensa: le ultime novità

Ricordo che  sull’argomento la riflessione è partita da tempo  e le posizioni delle parti sociali sono molto distanti: i sindacati  sono fermamente contrari ad un obbligo generalizzato  di green pass per i luoghi di lavoro che comporti sanzioni per i lavoratori o addirittura il licenziamento in caso di inadempienza,   mentre Confindustria  insiste sull’esigenza di tutelare tutti i lavoratori e lo svolgimento delle attività produttive  con l’estensione delle certificazioni verdi ai contesti aziendali, anche con il   recente  durissimo intervento il presidente Bonomi  al Meeting di Rimini.

Green pass e luoghi mensa: la faq del Governo

Sul sito del Governo era  apparsa una FAQ che afferma infatti che anche  per l’accesso alle mense aziendali (come luoghi di ristorazione “collettiva” ) c’è l’obbligo di esibire la certificazione verde COVID.

Questo il testo integrale:

Per la consumazione al tavolo nelle mense aziendali o in tutti i locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti pubblici e privati è necessario esibire la certificazione verde COVID-19? Sì, per la consumazione al tavolo al chiuso i lavoratori possono accedere nella mensa aziendale o nei locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti, solo se muniti di certificazione verde COVID-19, analogamente a quanto avviene nei ristoranti. A tal fine, i gestori dei predetti servizi sono tenuti a verificare le certificazioni verdi COVID-19 con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 giugno 2021. 

Il chiarimento è  contestato da più parti sia per la forma : una faq online non ha alcun valore normativo;

Sono stati segnalati  importanti casi di accordi  tra datori di lavoro e rappresentanze sindacali per l’adesione all’obbligo :  grandi aziende come  Leonardo, Electrolux,  prevedono l’obbligo di green pass. Per i lavoratori che ne sono sprovvisti sono state individuate   soluzioni  alternative ( cestino, lunch box,  servizio di  consegna  di pasti da consumare all’esterno o in appositi spazi, rispettando il distanziamento).

Ufficialmente comunque  Fiom, Fim e Uilm, dicono di «condividere l’obiettivo di completare la campagna vaccinale» ma, ribadiscono che non accetteranno «nessuna disparità di trattamento fra luoghi di lavoro e mense».

Il confronto Confindustria – Sindacati sul Green pass nei luoghi di lavoro

Già un paio di mesi fa un documento  dell’Associazione Industriali  a firma della direttrice generale Mariotti  proponeva di chiedere al Governo una norma che consentisse l’ingresso nelle aziende solo ai lavoratori muniti di Green pass , meglio muniti di vaccinazione.  Per chi ne fosse sprovvisto il datore di lavoro avrebbe dovuto definire una diversa mansione o destinarlo all’aspettativa forzata, senza stipendio.  Tra l’altro in merito la Cassazione si è già  espressa:

Il  giudice del lavoro di Modena  nell’ordinanza n. 2467 dello scorso 23 luglio   ha confermato la legittimità della sospensione  senza retribuzione di due fisioterapiste dipendenti di una  cooperativa  attiva presso una Residenza per Anziani.

Nella sentenza si ricorda innanzitutto l’art. 2087 del codice civile , che  obbliga il datore di lavoro ad adottare  “tutte quelle misure di prevenzione e protezione che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori “ ponendolo come  garante della salute e della sicurezza dei dipendenti e dei terzi che per diverse ragioni si trovano all’interno dei locali aziendali . Viene anche richiamata la direttiva Ue 2020/739 del 3 giugno 2020  che ha specificatamente incluso il Covid-19 tra gli agenti biologici da cui è obbligatoria la protezione .

Vale la pena sottolineare che la decisione del giudice è precedente alla entrata in vigore del decreto legge 44/2021 che ha imposto l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario

Va ricordato comunque che  obbligo di Green pass NON corrisponde a obbligo di vaccinazione, infatti il certificazione verde può essere ottenuta anche dopo la guarigione  dalla malattia COVID  o con l’effettuazione di Tampone antigenico o molecolare.

Green pass, vaccinazione e Testo Unico sicurezza

Si è alzata anche la voce del giuslavorista Pietro Ichino, ex consigliere del ministero del Lavoro che  aveva affermato  già quando fu introdotto l’obbligo per i sanitari, che “Condizionare l’accesso in azienda all’avvenuta vaccinazione, oggi che il vaccino è disponibile per tutti, è una misura sicuramente efficace e ragionevolissima per evitare il rischio di una quarta ondata epidemica, che sarebbe disastrosa per il Paese.”

 

In data 6 aprile 2021 è stato siglato il “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali  finalizzati  all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro”.

Costituisce parte integrante del Protocollo il documento recante le “Indicazioni ad interim per la vaccinazione SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro” approvato l’8 aprile 2021 e reso noto tramite Circolare del Ministero della Salute il 12 aprile 2021.

Attraverso il protocollo e le successive indicazioni sono state fornite le informazioni per costituire, allestire e gestire punti vaccinali straordinari  e temporanei nei luoghi di lavoro.

L’obbiettivo è quello di rendere più sicura la prosecuzione delle attività commerciali e produttive, accrescendo il livello di sicurezza negli ambienti di lavoro.

La somministrazione riguarderà tutti i lavoratori interessati, con qualsiasi tipologia di contratto,  e potrà avvenire in azienda, presso strutture sanitarie private e, nei casi previsti, in quelle dell’INAIL. 

Ichino  aggiunge che :” A ben  vedere  proprio perché la misura è efficace e ragionevolissima, gli imprenditori potrebbero già adottarla di loro iniziativa, anzi dovrebbero, anche senza attendere un provvedimento legislativo ad hoc, in forza dell’articolo 2087 del Codice civile, oltre che degli articoli 15 e 20 del Testo Unico per la sicurezza nei luoghi di lavoro (d.lgs. n. 81/2008)”. Effettivamente l’articolo 2087 del Codice obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure consigliate dalla scienza, dalla tecnica e dall’esperienza idonee a ridurre al minimo, se non azzerare, ogni rischio per la sicurezza e il benessere fisico e psichico del lavoratore.

Inoltre, l’art. 15 del Testo Unico sulla sicurezza obbliga il datore, dove possibile, a non limitarsi a misure protettive, ma adottare le misure idonee ad eliminare radicalmente il rischio per la sicurezza e la salute del lavoratore. L’art. 20, invece, obbliga il lavoratore a conformarsi alle misure di sicurezza adottate dal datore secondo le due prime norme”. Per questo, secondo Ichino, è “libero dunque ogni cittadino di non vaccinarsi, finché una legge non prevede questo obbligo; ma non di mettere a rischio la salute degli altri. E libero ogni imprenditore, dove la vaccinazione costituisca la misura più efficace per la tutela dei propri dipendenti, di richiederla in forza delle norme che ho appena citato: che sono pur sempre leggi dello Stato”. 

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