Conversione del D.L. n. 18/2020, L. 27/2020: le novità in materia di lavoro – niente più consultazione sindacale e STOP ai contratti a termine
Il D.L. n. 18/2020 è stato definitivamente convertito in legge il 23 aprile u.s. n. 27/2020 e, tra le altre cose, ha introdotto, modificandole, anche le disposizioni contenute nel D.L. n. 9/2020, emanato sotto la spinta dell’emergenza per le zone rosse e gialle della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia-Romagna, il quale, pertanto, viene lasciato decadere.
La spiegazione che segue incentra l’attenzione sulle novità introdotte su due argomenti e su uno nuovo che riguarda i contratti a termine: mi riferisco agli ammortizzatori sociali, alla sospensione dei licenziamenti e, appunto, al nuovo articolo ove si prevede la possibilità di prorogare o rinnovare contratti a tempo determinato o in somministrazione, durante la fruizione dell’integrazione salariale.
Ammortizzatori Sociali
- La novità principale, inserita all’interno dell’art. 19, riguarda la procedura antecedente la presentazione dell’istanza per la richiesta della integrazione salariale ordinaria e per l’assegno ordinario strettamente correlato al COVID-19: viene eliminata l’obbligatorietà del passaggio lungo l’iter delineato dall’art. 14 del D.L.vo n. 148/2015, pur nella versione accelerata (e telematica) prevista dal comma 4. Ciò significa che l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto richiesto e che, sotto l’aspetto operativo hanno creato più di un problema, non sono più richiesti e, quindi, le imprese che dovessero accedere al CIGO o al FIS, possono procedere ancora più speditamente, essendo già stati eliminati altri passaggi che in via ordinaria vengono richiesti (relazione tecnica, produzione di documentazione, ecc…
- Una frase sostanzialmente analoga è stata, poi, inserita, nell’art. 22, comma 1, che, rinviando ai singoli accordi-quadro regionali, stabilisce che l’accordo sindacale, oltre che per i datori di lavoro con organico inferiore alle sei unità non è richiesto per quelle aziende che, obbedendo ad un provvedimenti di urgenza emanato a fronte della grave crisi epidemiologica, hanno fermato la propria attività
- Il nuovo testo assorbe e modifica i contenuti del D.L. n. 9/2020: con i commi 10-bis, 10-ter e 10-quater dell’art. 19 la CIGO o il FIS con causale COVID-19 può essere richiesta per altri 3 mesi (con cumulo delle 9 riconosciute in tutto il Paese) per le unità produttive ubicate nelle c.d. “zone rosse”, o per i lavoratori con domicilio o residenza nelle stesse zone e con l’esclusione dell’ulteriore mese previsto nelle “zone gialle”.
- Altra modifica riguarda il comma 4 dell’art. 22 e che riprende, per certi versi, l’art. 2 del Decreto Interministeriale 23 marzo 2020: i datori di lavoro plurilocalizzati, con unità produttive ubicate in almeno 5 Regioni o Province Autonome, possono presentare un’unica istanza, in via telematica, al Ministero del Lavoro, Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali e della Formazione, secondo le indicazioni fornite dalla circolare n. 8/2020 (ma non in bollo, secondo le modifiche introdotte con l’art. 41 del D.L. n. 23/2020). L’approvazione ministeriale riguarderà il periodo delle 9 settimane (calcolabili sull’unità produttiva e non sulle persone, secondo le determinazioni espresse nella circolare INPS n. 58/2009) e quelle ulteriori per le zone rosse e gialle. La circolare n. 8 prevedeva l’obbligatorietà dell’accordo sindacale: si ha ragione di ritenere che ciò non possa essere più richiesto alla luce delle novità introdotte nell’ultima parte del comma 1 dell’art. 22.
Sospensione dei licenziamenti
La disposizione contenuta nell’art. 46 è rimasta, sostanzialmente, la stessa. Ciò che preme sottolineare è, invece, una precisazione che è stata introdotta: dal blocco, fino al 15 maggio 2020, dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, sono esclusi i lavoratori già impegnati nell’appalto che siano stati riassunti dal nuovo appaltatore in forza di una disposizione legislativa (v., ad esempio, “codice degli appalti pubblici”), di CCNL (v. art. 4 del contratto per le imprese multi servizi), o di clausola del contratto di appalto. Il Legislatore ha, poi, provveduto a cambiare la rubrica dell’articolo che ora è “Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi ed individuali per giustificato motivo oggettivo”.
Contratti a termine durante il coronavirus
Con una norma di interpretazione autentica, meglio una riscrittura dell’art. 19-bis, il Legislatore ha inteso preservare dal rischio della disoccupazione quei lavoratori a termine o in somministrazione che, messi in integrazione salariale dal proprio datore a seguito della crisi dovuta al coronavirus, al termine del contratto sono stati licenziati in quanto lo stesso non è stato prorogato o rinnovato, essendo da “interpretazione autentica” vale anche per il passato.
La disposizione che di per se stessa ha un significato “difensivo”, intende assicurare un trattamento integrativo anche a chi, alla data del 23 febbraio 2020, in forza presso un datore di lavoro, era titolare di un contratto in scadenza: essa si inquadra in un disegno complessivo ove, in tempi di crisi epidemiologica, si è voluta assicurare una tutela generale che si evidenzia anche nella sospensione, per sessanta giorni, di ogni licenziamento per giustificato motivo oggettivo e nello “stop” temporaneo alle procedure collettive di riduzione di personale.
La presente dissertazione è agganciata, unicamente, all’emergenza COVID-19: quindi, al termine della stessa, tutto tornerà come prima.
Di conseguenza, essa trova applicazione, unicamente, in caso di utilizzo degli ammortizzatori sociali per tale specifica causale dei quali parlano, diffusamente, sia il D.L. n. 18/2020 che la circolare INPS n. 47, che la circolare n. 8 del Ministero del Lavoro (CIGO; FIS, Fondi bilaterali alternativi, CISOA, Cassa in deroga), la cui durata è limitata al periodo 23 febbraio – 31 agosto per un massimo di 9 settimane.