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Contratto a tempo determinato dopo il D.L.48/2023: la circolare del Ministero

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con circolare 9 ottobre 2023, n. 9, ha fornito chiarimenti in merito alle novità introdotte in materia di lavoro a tempo determinato dal D.L. 4 maggio 2023, n. 48.

La circolare fornisce importanti chiarimenti in merito ad alcuni aspetti trattati dalla norma.

  1. Viene anzitutto ribadito il limite massimo di 24 mesi, anche per sommatoria di più rapporti tra loro distinti, (proroghe e rinnovi), nell’intera vita lavorativa, più massimo di 12 mesi da autorizzarsi presso la competente sede ITL.
  2. Viene inoltre confermato il numero massimo di quattro proroghe, da computarsi nell’intera vita lavorativa e quindi per la totalità dei rapporti a tempo determinato instaurati tra il medesimo datore e lavoratore, così come la disciplina che prevede l’intervallo tra un contratto a tempo determinato ed il rinnovo immediatamente successivo.
  3. Vengono poi passate in rassegna le novità introdotte dal D.L. n. 48/2023, a partire dalla declinazione delle causali, e delle situazioni ad esse sottese ai fini della genuina possibilità di apporre un termine al rapporto, con le nuove lettere a) e b) introdotte al comma 1 dell’articolo 19 del d.lgs. n. 81 del 2015, la riforma ha inteso valorizzare il ruolo della contrattazione collettiva
    1. la nuova lettera a) introdotta al comma 1 dell’articolo 19 del d.lgs. n. 81 del 2015 si limita a riaffermare la prerogativa, già in precedenza riconosciuta alla contrattazione collettiva,
    2. La nuova lettera b) del medesimo comma 1
  1. esplicita che, in assenza delle previsioni di cui alla lettera a) – che richiama tutti i livelli della contrattazione collettiva – le condizioni possano essere individuate dai contratti collettivi applicati in azienda
  2. La stessa lettera b) introduce, altresì, la possibilità che le parti del contratto individuale di lavoro (datore di Lavoro e lavoratore) – in assenza di specifiche previsioni contenute nei contratti collettivi – possano individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro di durata superiore ai dodici mesi (ma ugualmente non superiore ai ventiquattro mesi).   Ai sensi di tale disposizione, si evidenzia che le parti individuali possono avvalersi solo temporaneamente di tale possibilità, entro la data del 30 aprile 2024, consentendo in tal modo alle Parti sociali di adeguare alla nuova disciplina i contratti collettivi sopra richiamati, le cui previsioni costituiscono fonte privilegiata in questa materia. Tale data è da intendersi come riferita alla stipula del contratto di lavoro, la cui durata, pertanto, potrà anche andare oltre il 30 aprile 2024.  Si deve ritenere che resti fermo l’onere per il datore di lavoro di precisare nel contratto le ragioni concrete ed effettive dell’apposizione del termine.
    1. Infine, la nuova lettera b-bis) riafferma la possibilità per il datore di lavoro, già prevista in precedenza, di far ricorso al contratto di lavoro a termine quando abbia la necessità di sostituire altri lavoratori.

 

NEUTRALIZZAZIONE DEI PERIODI

Altro tema nevralgico trattato dalla circolare ministeriale è quello inerente alla neutralizzazione dei periodi pregressi al 5 maggio 2023 (data di entrata in vigore del D.L. n. 48/2023) ai fini dell’obbligo di apposizione della causale al superamento dei 12 mesi di rapporto a termine, e fermo restando il complessivo rispetto dei 24 mesi totali.

La circolare ministeriale ha chiarito come debbano essere considerati utili ai fini del computo i soli contratti (intendendosi per tali anche le proroghe, e non solo quindi i rinnovi) siglati a partire dal 5 maggio 2023, ed ammettendo parallelamente la neutralizzazione dei rapporti instaurati, ovvero siglati, prima di tale data (anche relativamente a periodi successivi al 5 maggio e sino alla loro scadenza originaria).

Il comma 1-ter,  introduce una previsione che ha l’effetto di consentire ulteriori contratti di lavoro a termine privi di causale per la durata massima di dodici mesi, indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore prima  5 maggio 2023 (entrata in vigore del decreto-legge n. 48 del 202), anche se terminati successivamente, purché sia stipulato un nuovo contratto e che comunque la durata massima sommando tutti i rapporti intercorsi con lo stesso datore di lavoro e per la medesima mansione, (anche ante e post 5 maggio 2023) non sia superiore a 24 mesi.

Merita porre attenzione quanto previsto dalla circolare  anche la previsione di cui al comma 1, lettera c), dell’articolo 24, che – riportando la medesima disposizione già contenuta all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 – esclude l’applicazione dell’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015 per i contratti di lavoro a termine stipulati dalle pubbliche amministrazioni, da università private (incluse le filiazioni di università straniere), da istituti pubblici di ricerca, da società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione ovvero da enti privati di ricerca con lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa.  Per effetto di tale disposizione, ai contratti stipulati dai soggetti sopra indicati non si applicano né il termine massimo complessivo di ventiquattro mesi, né le nuove causali indicate dal decreto-legge n. 48/2023, restando ferme quelle previste dall’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che consente l’utilizzo di tale tipologia contrattuale solo in presenza di “comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale”. Tale indicazione è pertanto sempre necessaria, indipendentemente dalla durata del contratto di lavoro.   Sul punto, fatti salvi eventuali chiarimenti che potranno essere forniti dal Dipartimento per la funzione pubblica, si precisa che la durata massima dei contratti a termine stipulati dai soggetti sopra richiamati continua ad essere di trentasei mesi, secondo quanto previsto dall’articolo 19, comma 1, del d.lgs. n. 81 del 2015, nella formulazione previgente alla riforma di cui al decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87.

 

SOMMINISTRAZIONE

il comma 1-quater – anch’esso aggiunto all’articolo 24 in sede di conversione del decreto-legge – interviene a modificare l’articolo 31, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015, sulla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato

Viene previsto che ai fini del rispetto del limite del 20 per cento (previsto dal primo periodo del comma 1) non fanno parte del conteggio:

  1. i lavoratori somministrati assunti dall’agenzia di somministrazione con contratto di apprendistato.
  2. alcune categorie di lavoratori, tassativamente individuate, tra cui i soggetti disoccupati che fruiscono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati (vedi circolare)

 

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