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Contratto a tempo determinato: come scrivere la causale prevista dal CCNL – articolo 41-bis della L. 106/2021

Così come la normativa precedente, anche il nuovo contratto a tempo determinato, disposto dagli articoli 19 e ss. del D.Lgs. n. 81/2015, subisce continue modifiche tali da rendere instabile uno dei contratti più utilizzati dalle aziende italiane.

Il D.Lgs. n. 368/2001 (2001-2015) disponeva l’eliminazione delle causali obbligatorie precedentemente  in quanto fonte di contenzioso tra le parti. In considerazione di ciò, con la legge n. 78/2014 (di conversione del D.Lgs. n. 34/2014), si diede la possibilità al datore di lavoro di apporre un termine alla durata del rapporto di lavoro senza la necessità di “inventare” una motivazione, più o meno plausibile, da addurre nel contratto individuale.

Dopo appena quattro anni, nel 2018, il legislatore cambia idea e reintroduce l’obbligo di motivare l’avvio e la vigenza del contratto a termine (articolo 19, del D.Lgs. n. 81/2015),non considerando, con ciò, i numerosi vincoli già in atto su questa tipologia contrattuale (limite di durata, percentuale massima, “stop&go”, contribuzione maggiorata, ecc.).
Rispetto alla precedente formulazione, la norma prevede una sorta di lasciapassare (acausale) per i soli primi 12 mesi di contratto, che sono liberi dall’obbligo motivazionale, i restanti 12 mesi di rapporto  di lavoro devono, viceversa, essere giustificati con una causale.
Con l’arrivo della pandemia il legislatore si rende conto che le causali sono un ostacolo alla prosecuzione dei rapporti di lavoro a termine e, al fine di evitarne la conclusione, sospende l’obbligo di indicare la motivazione nei rinnovi e nelle proroghe dei contratti a tempo determinato, almeno fino al 31 dicembre 2021 (articolo 93, del D.L. n. 34/2020).
Ma ciò non basta, proprio lo scarso utilizzo delle causali legali, in virtù delle motivazioni suesposte, lo porta ad inserire, con l’articolo 41-bis della Legge n. 106/2021, una nuova macro motivazione (lettera b-bis), con la quale dà la possibilità di utilizzare causali basate su esigenze previste dalla contrattazione collettiva.
In pratica, potranno essere le parti sociali a livello nazionale, o a livello aziendale le RSA o RSU, che potranno individuare specifiche ipotesi (causali) per le quali sarà possibile instaurare contratti a tempo determinato, le causali a grandi linee, sono identificate nelle “specifiche esigenze” che le parti evidenzieranno all’interno degli accordi collettivi. Inoltre, e qui la sostanza deve seguire la forma, dette esigenze dovranno essere realistiche e verificabili in concreto.
In pratica, la causale che dovrà risultare dal contratto individuale e che dovrà altresì rispecchiare le esigenze richieste dalla contrattazione collettiva, dovrà essere specifica al reale fabbisogno temporaneo dell’azienda, ciò al fine di evitare un eventuale contenzioso con i lavoratori, come sta succedendo con le motivazioni previste dalla normativa tutt’oggi vigente.
La specificità della ragione giustificatrice del termine sussiste quando gli elementi indicati nel contratto di lavoro consentono di identificare e di rendere verificabile la esigenza aziendale che legittima la previsione della clausola (Cassazione n. 208/2015).
Ragion per cui il riferimento ad una intensificazione della attività, in coerenza con la previsione collettiva, accompagnato da altri dati di conoscenza, come, ad esempio:
– l’indicazione delle mansioni rilevanti;
– l’ambito territoriale ove verrà svolta l’attività lavorativa;
– il periodo temporale in considerazione;
Viceversa, l’inserimento di una causale generica che richiama in maniera esemplificativa e sommaria l’esigenza identificata nell’accordo collettivo potrà aumentare il rischio di un disconoscimento del contratto a termine e di una sua rimodulazione a tempo indeterminato.
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