Nel ricordare l’obbligatorietà  del versamento del contributo all’INPS in caso di licenziamento, denominato anche Ticket NASpI o Ticket INPS, procediamo a comunicare quali sono gli importi pe il 2019.

Quando pagare il Ticket INPS:

  • dimissioni per giusta causa;
  • dimissioni durante il periodo tutelato di maternità.
  • risoluzione consensuale con procedura di conciliazione prevista dal nuovo rito Fornero;
  • risoluzione consensuale in caso di conciliazione presso la Ispettorato del Lavoro., nonché derivante da trasferimento del dipendente ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore eo mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici;
  • mancato superamento del periodo di prova;
  • lavoro intermittente;
  • licenziamento collettivo senza periodo di prova;
  • recesso del datore di lavoro al termine dell’apprendistato;
  • licenziamento del lavoratore, compresi apprendisti, per GMO, per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa;
  • licenziamento disciplinare.

Quando non è dovuto:

  • dimissioni (ad eccezione di quelle per giusta causa o intervenute durante il periodo tutelato di maternità);
  • risoluzione consensuale (ad eccezione di quelle derivanti da procedura di conciliazione presso la D.T.L., nonché da trasferimento del dipendente ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore eo mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici);
  • decesso del lavoratore.
  • dei datori di lavoro tenuti al versamento del contributo d’ingresso nelle procedure di mobilità, ex art. 5, comma 4, L. n. 223/1991;
  • dei licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai CCNL;
  • delle interruzioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.

Infine, tra i casi di esclusione dal ticket NASpI, è possibile includere anche le cessazioni intervenute a seguito di accordi sindacali nell’ambito di procedure, ex art. 4 e 24 della L. n. 223/1991, ovvero di processi di riduzione di personale dirigente conclusi con accordo firmato da associazione sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria.

Qua top versare.

la contribuzione da versare è pari a 500,71 euro per ogni anno di lavoro fino ad u massimo di 36 mesi, il contributo può arrivare fino ad un massimo di 1.502,13 euro (500,71 x 3). Alla luce dei suddetti calcoli, il ticket NASpI per ogni mese di anzianità di servizio è pari a 41,73 euro (500,71 / 3), contano solo i mesi con attività superiore a 14 giorni

La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza 11 giugno 2019, n. 15777, ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa inflitto al dipendente che effettua rifornimenti di carburante dell’autovettura aziendale assegnatagli utilizzando le carte di credito aziendali oltre e al di fuori delle esigenze di servizio, addebitandone i costi alla società, potendo ritenersi requisito implicito della fattispecie che l’utilizzo dovesse rispondere a un criterio di ragionevole correlazione con l’effettuazione della prestazione lavorativa e che nessun indebito profitto per il lavoratore, rilevando invece la valutazione complessiva della condotta, in cui non può non intravedersi una connaturata ed evidente intenzionalità.

Con sentenza n. 19660 del 22 luglio 2019, la Corte di Cassazione ha affermato come pienamente legittimo un accordo di prossimità, sottoscritto ex art. 8 del Decreto Legge n. 138/2011 convertito, con modificazioni, nella legge n. 148/2011, ove le parti, al fine di ridurre le conseguenze negative della crisi aziendale (obiettivo di scopo, previsto dal comma 1) con effetti negativi sui livelli occupazionali, hanno deliberato la rinuncia al pagamento in favore dei lavoratori licenziati della indennità di mancato preavviso.

Essendo quest’ultima una obbligazione di natura pecuniaria, essa può essere negoziata e costituire oggetto di rinuncia. Tale accordo ha conservato la propria validità anche successivamente, allorquando è stato inserito in un accordo collettivo che ha chiuso la procedura di riduzione di personale.

L’ANPAL ha emanato la circolare n. 1 del 23 luglio 2019, con la quale fornisce le prime indicazioni operative in merito allo stato di disoccupazione, alla luce delle innovazioni introdotte dal Decreto Legge n. 4 del 28 gennaio 2019 (convertito con modificazioni dalla Legge n.26 del 28 marzo 2019) e acquisito il parere del Ministero del Lavoro con la nota n. 31/0006890 dell’11 luglio 2019.

Ecco alcuni importanti passaggi:

Lavoro subordinato

“Il lavoratore può entrare in stato di disoccupazione (rilasciando la dichiarazione di immediata disponibilità) ovvero conservare lo stato di disoccupazione (in caso di dichiarazione di immediata disponibilità rilasciata precedentemente) anche nel caso in cui svolga un’attività lavorativa il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del D.P.R. n. 917/1986. Nel caso del lavoro dipendente, tale reddito è quantificabile, alla luce della normativa vigente, in € 8.145 annui.”

 

Lavoro autonomo

“Con riferimento ai limiti reddituali per il conseguimento o la conservazione dello stato di disoccupazione, va ricordato che in caso di attività di lavoro autonomo, il limite esente da imposizione fiscale è, nella generalità dei casi, quantificabile in € 4.800 annui.

Fanno tuttavia eccezione i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo che, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, del T.U.I.R. sono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, per i quali il limite ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione è di € 8.145 annui.”

 

Lavoro a chiamata

“Il lavoratore con contratto di lavoro intermittente conserva lo stato di disoccupazione per tutto il periodo del contratto solo nel caso in cui la retribuzione annua prevista (calcolata secondo quanto già illustrato al punto 2.1.1) sia inferiore al limite esente da imposizione fiscale (€ 8.145 annui).

In caso contrario, ai fini della sospensione dello stato di disoccupazione, occorre invece distinguere a seconda che il contratto preveda o meno l’obbligo di risposta da parte del lavoratore, e di conseguenza la corresponsione o meno di una indennità di disponibilità per i periodi di non lavoro di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 81/2015.

Nel caso in cui non sia previsto un obbligo di risposta (e quindi una indennità di disponibilità), lo stato di disoccupazione sarà sospeso nei periodi di effettivo svolgimento dell’attività lavorativa, mentre il lavoratore resterà disoccupato nei periodi di non lavoro. Ai fini della sospensione e dell’eventuale decadenza dallo stato di disoccupazione, saranno pertanto computati unicamente i periodi di lavoro effettivo, come comunicati ai sensi dell’articolo 15, comma 3, del d.lgs. n. 81/2015. Qualora il lavoratore intermittente svolga più di 180 giorni continuativi di lavoro effettivo presso il medesimo datore di lavoro decade dallo stato di disoccupazione se la retribuzione annua prospettica è superiore a € 8.145.

Nel caso in cui, invece, sia previsto un obbligo di risposta (e quindi una indennità di disponibilità), lo stato di disoccupazione1 è sospeso per tutto il periodo di durata del contratto ove la retribuzione annua prospettiva sia superiore a € 8.145. Qualora la durata effettiva del rapporto di lavoro intermittente superi i 180 giorni il lavoratore decade dallo stato di disoccupazione se la retribuzione annua prospettica è superiore a € 8.145.”

 

Stage e tirocinio

“Posto che il tirocinio non è un rapporto di lavoro, pur prevedendo un’indennità di partecipazione, una persona che sta svolgendo un’esperienza di tirocinio (in assenza di rapporti di lavoro) potrà rilasciare la DIDonline ed essere considerata in stato di disoccupazione.

Parimenti, una persona in stato di disoccupazione, che cominci un’esperienza di tirocinio, mantiene lo stato di disoccupazione.

Le medesime considerazioni possono estendersi anche all’attivazione di un lavoro di pubblica utilità/lavoro socialmente utile, giacché in tali ipotesi non si determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro.”

 

Svolgimento di prestazioni occasionali ai sensi dell’articolo 54-bis del d.l. n. 50/2017

“Si evidenzia che coloro che svolgono prestazioni occasionali, ai sensi dell’articolo 54-bis del d.l. n. 50/2017, conv. con mod. dalla l. n. 96/2017, sono considerati in stato di disoccupazione, giacché i compensi percepiti dal prestatore “non incidono sul suo stato di disoccupato“, per espressa previsione normativa.”

 

La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza 23 maggio 2019, n. 14063, ha stabilito che le tipizzazioni delle fattispecie previste dal contratto collettivo nell’individuazione delle condotte costituenti giusta causa di recesso non sono vincolanti per il giudice, poiché il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta rientra nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali deve costituire uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell’articolo 2119 cod. civ..

Con sentenza n. 1313 del 21 giugno 2019 la Corte di Appello di Milano ha affermato la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo finalizzato all’incremento della redditività e dell’efficienza gestionale che si traducano in un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo, da attuare mediante soppressione di una postazione lavorativa.

La Corte di Cassazione affronta il tema dell’obbligo, gravante sul datore di lavoro, di valutare la possibilità ricollocazione del dipendente (c.d. “repêchage”), preliminarmente alla decisione di  procedere con il licenziamento per giustificatomotivo oggettivo.

La sentenza riveste particolare interesse perché il suddetto tema viene sviluppato con riferimento ad un soggetto datoriale facente parte di un c.d. “gruppo di imprese” (alcune delle quali all’estero), e consente – quindi – di delineare i limiti del descritto obbligo di “repêchage”.

La questione affrontata

Un’azienda (articolazione italiana di una società americana e facente parte di un gruppo di imprese collegate funzionalmente ad un’unica “casa madre”) decideva la chiusura di un’unità operativa a seguito della decisione di concentrare l’attività in alcuni laboratori del gruppo presenti in USA.

Conseguentemente, la stessa intimava il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ad un lavoratore addetto a tale unità operativa.

Questi impugnava il provvedimento datoriale deducendone la natura discriminatoria (in quanto asseritamente connesso a propri problemi di salute) e, in subordine, deducendo l’insussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento. In particolare, il lavoratore sosteneva che l’azienda non avesse correttamente adempiuto al preliminare obbligo di valutare la possibilità della sua ricollocazione anche in altre  aziende facenti parte del medesimo gruppo (alcune delle quali anche all’estero), oltre al mancato rispetto dell’obbligo di correttezza e buona fede nell’individuazione del lavoratore da licenziare.

Con ordinanza n. 5754 del 27 febbraio 2019, la Corte di Cassazione ha affermato che:

A) in caso di licenziamento nullo od inefficace il datore di lavoro è tenuto a ricostruire la posizione contributiva ora per allora ed a pagare le relative sanzioni civili correlate alla omessa contribuzione;

B) in caso di licenziamento annullato dovuto la giusta causa, non trovano applicazione le sanzioni sopra indicate.

La presentazione potrà avvenire:

  • negli uffici postali compilando il modulo Inps;
  • online attraverso il sito dell’INPS se si è in possesso dell’identità digitale Spid;
  • online attraverso il sito del Reddito di cittadinanza se si è in possesso dell’identità digitale Spid;
  • tramite i Centri di assistenza fiscale (CAF).

Si ha tempo fino al 31 marzo per richiedere che il contributo sia erogato ad aprile 2019.

 

I requisiti per richiedere il Reddito di Cittadinanza

Il Reddito di cittadinanza viene erogato ai nuclei familiari in possesso cumulativamente, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, dei seguenti requisiti.

Requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno

Il richiedente deve essere cittadino maggiorenne italiano o dell’Unione Europea, oppure, suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente o cittadino di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. È, inoltre, necessario essere residente in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo.

Requisiti economici

Il nucleo familiare deve essere in possesso di:

  • un valore ISEE inferiore a 9.360 euro;
  • un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 30.000 euro;
  • un valore del patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro per il single, incrementato in base al numero dei componenti della famiglia (fino a 10.000 euro), alla presenza di più figli (1.000 euro in più per ogni figlio oltre il secondo) o di componenti con disabilità (5.000 euro in più per ogni componente con disabilità).
  • un valore del reddito familiare inferiore a 6.000 euro annui, moltiplicato per il corrispondente parametro della scala di equivalenza (pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare, incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente maggiorenne e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1). Tale soglia è aumentata a 7.560 euro ai fini dell’accesso alla Pensione di cittadinanza. Se il nucleo familiare risiede in un’abitazione in affitto, la soglia è elevata a 9.360 euro.

Altri requisiti

Per accedere alla misura è inoltre necessario che nessun componente del nucleo familiare possieda:

  • autoveicoli immatricolati la prima volta nei 6 mesi antecedenti la richiesta, o autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc oppure motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolati la prima volta nei 2 anni antecedenti (sono esclusi gli autoveicoli e i motoveicoli per cui è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità);
  • navi e imbarcazioni da diporto (art. 3, c.1, D.lgs. 171/2005).

Il Reddito di cittadinanza è compatibile con il godimento della NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) e di altro strumento di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria. L’assegno non verrà invece erogato ai nuclei familiari che hanno fra i loro componenti soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa.

 

Come si calcola

Il beneficio economico si compone di due parti:

  • una integra il reddito familiare fino alla soglia di 6.000 euro moltiplicati per la scala di equivalenza (7.560 euro per la Pensione di cittadinanza),
  • l’altra, destinata solo a chi è in affitto, incrementa il beneficio di un ammontare annuo pari al canone di locazione fino ad un massimo di 3.360 euro (1.800 euro per la Pensione di cittadinanza). È prevista anche una integrazione per famiglie proprietarie della casa di abitazione, laddove sia stato acceso un mutuo: in questo caso l’integrazione, pari al massimo alla rata del mutuo, non può superare 1.800 euro.

L’importo complessivo, sommate le due componenti, non può comunque superare i 9.360 euro annui (780 euro mensili), moltiplicati per la scala di equivalenza.

Il versamento del beneficio decorre dal mese successivo alla richiesta e viene erogato per un periodo continuativo massimo di 18 mesi. Potrà essere rinnovato, previa sospensione di un mese, prima di ciascun rinnovo. La sospensione non è prevista nel caso della Pensione di cittadinanza.

È stato pubblicato, sulla G.U. n. 39 del 15 febbraio 2019, il D.I. 151 del 22 dicembre 2018, Regolamento di attuazione della Direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impegnano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
Il D.I. ha indicato i criteri per la determinazione e l’aggiornamento del costo medio del rimpatrio e ha stabilito in 1.398 euro, per l’anno 2019, la sanzione amministrativa accessoria, che il giudice deve applicare al datore di lavoro che occupa illegalmente un lavoratore clandestino e che corrisponde al costo medio di rimpatrio.
La sanzione è aggiornata entro il 30 gennaio di ogni anno con decreto del Capo della Polizia.

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 11 dicembre 2018, n. 31993, ha stabilito che il mero e generico riferimento, nella lettera di licenziamento, ad altri minori fatti, pur disciplinarmente rilevanti, in presenza della chiara intenzione di recedere a causa di un grave episodio correttamente individuato nella lettera di contestazione disciplinare, non può viziare il recesso, trattandosi di argomenti evidentemente di contorno, sicché, una volta accertata l’esistenza del fatto principale chiaramente contestato e posto alla base del licenziamento, la discrasia o l’aggiunta di altri comportamenti disciplinarmente rilevanti, tra la contestazione e le ragioni poste alla base del recesso, non possono viziare quest’ultimo, rilevando che il dipendente sia stato licenziato in base al fatto contestato e chiaramente individuato, ripetuto nella lettera di licenziamento e giudizialmente accertato.

IL RECENTE MASSAGGIO INPS 1162/18 E LA PIÙ DATATA CIRCOLARE 142/2015, chiariscono che: qualora l’interessato percepisca il trattamento di Naspi e diventi  titolare di un contratto di lavoro intermittente senza obbligo di risposta (come nel suo caso) si potrà applicare l’istituto della sospensione della Naspi, ma per i soli giorni di effettiva prestazione, qualora la durata del rapporto sia pari o inferiore a 6 mesi.

Laddove comunque il contratto superasse i 6 mesi ma con un reddito inferiore a 8.000 euro annui il soggetto manterrebbe il diritto alla Naspi (previa comunicazione all’Inps entro 30 giorni dalla domanda).

In tutti gli altri casi il soggetto perde il diritto alla Naspi.