La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 12 febbraio 2025, n. 3607, ha ritenuto che i controlli del datore di lavoro, anche a mezzo di agenzia investigativa, sono legittimi ove siano finalizzati a verificare comportamenti del lavoratore che possano integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore medesimo.
Nella fattispecie, il controllo non era diretto a verificare le modalità di adempimento della prestazione lavorativa (bene o male), bensì la condotta fraudolenta di assenza del dipendente dal luogo di lavoro, nonostante la timbratura del badge. Non sussiste neppure la lamentata violazione della privacy del dipendente, seguito nei suoi spostamenti, in quanto il controllo era effettuato in luoghi pubblici e finalizzato ad accertare le cause dell’allontanamento. Per concludere, quindi, l’attività fraudolenta è stata ravvisata nella falsa attestazione della presenza in servizio e nell’utilizzo personale del mezzo aziendale, nonostante il lavoratore fosse autorizzato a usare il mezzo solo per motivi attinenti all’attività lavorativa.
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 10 febbraio 2025, n. 3400, in tema di dequalificazione professionale, ha ritenuto risarcibile il danno non patrimoniale ogni qual volta si verifichi una grave violazione dei diritti del lavoratore, che costituiscono oggetto di tutela costituzionale, da accertarsi in base alla persistenza del comportamento lesivo, alla durata e alla reiterazione delle situazioni di disagio professionale e personale, all’inerzia del datore di lavoro rispetto alle istanze del prestatore di lavoro, anche a prescindere da uno specifico intento di declassarlo o svilirne i compiti. La relativa prova spetta al lavoratore, il quale, tuttavia, non deve necessariamente fornirla per testimoni, potendo anche allegare elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, quali, ad esempio, la qualità e la quantità dell’attività lavorativa svolta, la natura e il tipo della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento o la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata dequalificazione. Deve ritenersi legittima la liquidazione equitativa compiuta dal giudice del merito che ha tratto elementi presuntivi della sussistenza del danno dalla qualità delle mansioni svolte, dalla durata del demansionamento subito, dalle modalità dell’inadempimento della società nonché dalla velocità dell’evoluzione tecnologica del settore cui il dipendente era addetto e di cui era stato in sostanza privato.
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 4 febbraio 2025, n. 2654, ha stabilito che gli accordi collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell’azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, con l’unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo a un’organizzazione sindacale diversa, ne condividono l’esplicito dissenso dall’accordo e potrebbero addirittura essere vincolati da un accordo sindacale separato (Cassazione n. 6044/2012 e già Cassazione n. 10353/2004). Nel senso di un’efficacia soggettiva erga omnes dei contratti collettivi aziendali, vale a dire nei confronti di tutti i lavoratori dell’azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, depone l’esigenza di tutela di interessi collettivi della comunità di lavoro aziendale, che ne giustifica, talora, l’inscindibilità della disciplina, salvo il caso in cui vi siano lavoratori che aderiscano a un’organizzazione sindacale che abbia esplicitamente dissentito dall’accordo sottoscritto.
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza 31 gennaio 2025, n. 2347, ha stabilito che la retribuzione dovuta durante il periodo feriale deve ricomprendere qualsiasi importo collegato all’esecuzione delle mansioni, non potendo costituire un deterrente alla fruizione delle ferie. Inoltre, il lavoratore ha diritto al percepimento dell’indennità per il sesto giorno, benché non sia intervenuto uno specifico accordo collettivo in merito.
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 13 gennaio 2025, n. 807, ha statuito che il datore non può controllare la mail aziendale del dipendente indiscriminatamente e senza un fondato sospetto di illecito disciplinare. In questo modo verrebbe violata la privacy del dipendente e il licenziamento sarebbe nullo.
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 18 dicembre 2024, n. 33146, ha ribadito che la Direttiva 2001/23/CE vieta che il trasferimento d’azienda consenta un trattamento retributivo deteriore al momento della cessione e per il solo fatto del trasferimento, ma chiaramente non può impedire che, successivamente, la retribuzione dei lavoratori trasferiti possa essere influenzata dalle dinamiche contrattuali che, ab externo, la disciplinano, come ad esempio il venir meno di una condizione retributiva di miglior favore allo scadere di detto accordo, applicato dal cessionario.
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 6 settembre 2024, n. 25393, in punto di licenziamento per superamento del periodo di comporto, ha stabilito che in un’ottica di bilanciamento tra l’interesse protetto del lavoratore disabile con la legittima finalità di politica occupazionale, la contrattazione collettiva, per sfuggire al rischio di trattamenti discriminatori, dovrebbe prendere in specifica considerazione la posizione di svantaggio del disabile, pertanto non è sufficiente una disciplina negoziale che valorizzi unicamente il profilo oggettivo dell’astratta gravità o particolarità delle patologie: deve, infatti, essere considerato anche e soprattutto l’aspetto soggettivo della disabilità in relazione alla quale adottare gli accomodamenti ragionevoli prescritti dalla Direttiva 2000/78/CE e dall’articolo 3, comma 3-bis, D.Lgs. 216/2003.
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 25 settembre 2024, n. 25661, ha stabilito che il lavoratore può sempre provare la giustificatezza dell’assenza (articolo 2119, cod. civ.), anche successivamente alla malattia, qualora sia stato impossibilitato ad effettuare la prescritta comunicazione in casi specifici, tra cui rientrerebbe anche l’ipotesi di malattia contratta all’estero (dichiarato illegittimo il licenziamento di un lavoratore che, trovandosi all’estero, aveva comunicato di essersi ammalato mediante fax al numero aziendale e quindi con una modalità meno tempestiva e consueta, ma prevista dal regolamento aziendale).
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 2 settembre 2024, n. 23498, ha statuito che il discrimine tra l’appalto di servizi di trasporto e il mero contratto di trasporto va ricercato nella sussistenza, in relazione al primo e non al secondo, di una pianificazione dell’esecuzione di una serie di trasporti, con una disciplina e un corrispettivo unitario e con l’allestimento di un’idonea organizzazione.
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 28 agosto 2024, n. 23214, ha stabilito che nel contratto di agenzia l’agente svolge in modo continuativo e stabile l’attività di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente, con una collaborazione professionale autonoma e con l’obbligo di seguire le istruzioni ricevute. Al contrario, nel rapporto di procacciatore d’affari l’attività è limitata e occasionale, senza vincoli di stabilità e dipende esclusivamente dall’iniziativa del procacciatore medesimo
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 2 agosto 2024, n. 21766, ha ritenuto che le disposizioni dell’articolo 5, St. Lav., che vietano al datore di lavoro di svolgere accertamenti sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e lo autorizzano a effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli Istituti previdenziali competenti, non precludono al datore medesimo di procedere, al di fuori dei controlli medici, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato d’incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificare l’assenza.
una decisione della Cassazione (ordinanza 24595/2024) stabilisce che un lavoratore, indossando volantini sindacali in formato A3 sul petto e sulla schiena durante il proprio turno, compromette il regolare svolgimento delle attività aziendali, e la sua condotta è quindi sanzionabile disciplinarmente.
Sebbene l’attività di proselitismo sindacale sia permessa nei luoghi di lavoro, essa deve rispettare i limiti posti dallo Statuto dei lavoratori, in particolare per evitare interferenze con l’attività produttiva. La Cassazione ha ritenuto che indossare volantini (“uomo sandwich”) va oltre questi limiti poiché obbliga i colleghi a vedere i contenuti sindacali in modo costante, trasformando il lavoratore in una sorta di “bacheca ambulante”. Questo metodo non è considerato legittimo, poiché distrae i colleghi e disturba il normale svolgimento del lavoro.
In altre parole, la diffusione dei volantini non può avvenire in modo tale da interrompere o influenzare negativamente l’attività lavorativa. L’articolo solleva anche interrogativi sull’uso crescente dei mezzi digitali per la diffusione dei messaggi sindacali, suggerendo che azioni simili in contesti digitali, come la condivisione di volantini in una chat durante riunioni virtuali, potrebbero violare gli stessi principi di interferenza con le attività aziendali.